La Pecora Nera APS

Mediazione Interculturale e Promozione Sociale

Anche questo è PRIDE

Questa foto di Federica Fattizzo potrebbe tranquillamente trovarsi tra le pagine di una rivista di moda. Ma queste ragazze non sono fotomodelle, anche se sono così belle che potrebbero tranquillamente esserlo, né attrici famose. Sono “straniere, arrivate con i barconi, venute a rubare i nostri lavori, forse dovrebbero tornare a casa loro dove sicuramente possiamo aiutarle meglio che qui”.

Oppure sono migranti in cerca di una vita più dignitosa, per sé stesse e per la loro famiglia, di cui a volte loro, così giovani, hanno la sola responsabilità, e tante, troppe come loro sono morte nella traversata qui. Argomenti pesanti, problemi gravi, di salute, di vita, che “i buonisti” cercano per quanto possibile di aiutare a risolvere.

Oppure ancora sono ragazze, adolescenti come tutte le adolescenti del mondo, che vogliono vedersi belle, scambiarsi le foto, e mettersi in posa, giocose, piene di speranza, ridendo ad alta voce con allegria e riconoscenza insieme all’operatrice che finalmente, dopo giorni e giorni di solo lavoro, scuola e telefonate con parenti lontani disperati, pieni di richieste, le ha portate al mare per svagarsi un poco.

Sogno che non debbano più essere definite nel male e nel bene nella categoria minore straniera, che siano quello che sono, minori, e quindi aventi diritto di protezione, di guida, di istruzione, di ispirazione, di sogni grandi, di strade aperte, diritto costituzionale di tutti i minori.

Sogno che possano vestirsi con i colori che sceglieranno, con o senza velo musulmano come vogliano loro, che possano rilucere e scintillare come sanno fare senza vergogna, senza nascondersi, senza abbassare la testa e dire grazie delle briciole che la società moderna riesce a dar loro, grazie al lavoro difficilissimo di chi lavora all’interno degli ingranaggi resi sempre più difficili ed opprimenti da un governo eletto da persone spaventate da cosa, ma da cosa, quando l’unica cosa di cui dovrebbero aver paura sono i pensieri pieni di odio e confusione nella loro testa.

Sogno che tutti possiamo girarci verso di loro e sorridere e dire noi a loro GRAZIE, grazie di star arricchendo il vostro paese prescelto, il nostro paese, vostro e nostro. Grazie di averci portato i vostri colori, i vostri punti di vista diversi, la vostra saggezza, la vostra bellezza, i vostri bambini: restate qui e insieme, scambiandoci modi di vivere, di cucinare, di educare, opinioni, percezioni, musica, risate, sensi dell’umorismo ed emozioni, rendiamo l’Italia un luogo sempre più ricco, più forte, più intenso e più civile.

Capisco il giornalismo che deve mostrare le povere persone che sono arrivate con il barcone, affamate, traumatizzate, vittime di violenze, che hanno perso amici o parenti lungo il percorso, per cercare di sensibilizzare chi pensa che siano un peso per la nostra società. Capisco dover far capire che dobbiamo aiutarli. Ma non dobbiamo solo aiutarli, dobbiamo concedere loro di imparare ad aiutare sé stessi, di costruirsi una vita dignitosa con le loro proprie mani, che è quello che vorrebbero i detrattori ma vi assicuro, vi assicuro che lo vogliono anche loro! Non vogliono altro! Nessuno vuole vivere di carità. Siamo grati se ne abbiamo bisogno e la riceviamo, eccome se ne siamo grati. Ma tutti vogliamo dignità, guadagnarci la vita con il nostro lavoro, e prima o poi magari anche lavorare per vivere, e non vivere per lavorare. Tutti noi. Tutti uguali, siamo, in questo.

E queste ragazze meravigliose, che conosco di persona e vi potrei parlare sia di una che dell’altra, dirvi cosa le distingue e cosa le accomuna, il loro diverso tono di voce e il loro diverso modo di ridere, la profonda diversità culturale d’origine e il modo diverso ma affascinante in cui piano piano stanno scegliendo cosa assorbire della cultura italiana, cosa imparare dalle singole persone che si occupano di loro, cosa imparano dai loro compagni di casa e cosa amano e cosa apprezzano meno, vorrei che non fossero solo ragazze minori straniere non accompagnate, vorrei che le vedeste per un giorno almeno come le dive che Federica ha fotografato, perché questo sono. Proprio come il Pride, che per un giorno porta in strada persone che sono state chiuse, svergognate, vilipese, isolate, mortificate e con forza e colori squillanti le sprona a sentirsi, anche loro, almeno per un giorno, Dive.

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